Stranizza d'amuri
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¶’Ndo vadduni da Scammacca i carritteri ogni tantu lassaunu i loru bisogni e i muscuni ciabbulaunu supra jeumu a caccia di lucettuli … a litturina da Ciccum-Etnea i saggi ginnici ‘u Nabuccu a scola sta finennu.
¶Man manu ca passunu i jonna sta frevi mi trasi ‘nda ll’ossa ccu tuttu ca fora c’è a guerra mi sentu stranizza d’amuri … l’amuri e quannu t’ancontru ‘nda strata mi veni ‘na scossa ‘ndo cori ccu tuttu ca fora si mori na’ mori stranizza d’amuri … l’amuri.
Iniziamo col riportare la traduzione in italiano del testo di Stranizza d’amuri di Battiato in dialetto siciliano:
Nel vallone di Scammacca (vicino a Catania) / i carrettieri ogni tanto lasciavano i loro bisogni / e i mosconi ci ballavano sopra / andavamo a caccia di lucertole… / (il vagone della) littorina circum-etnea / i saggi ginnici, il Nabucco / la scuola sta finendo / Man mano che passano i giorni / questa febbre mi entra dentro le ossa / nonostante che qui fuori c’è la guerra mi sento stranezza d’amore… l’amore / e quando ti incontro nella (per) strada / mi viene una scossa nel cuore / nonostante qui fuori si muore (‘un amore’ o ‘non muoio’ o ‘non muore’: testo e dizione equivoci) / stranezza d’amore… l’amore.
Il fatto che questa canzone sia stata composta nel 1975 potrebbe bastare a rendere arbitraria la scansione dell’opera di Battiato in periodi (leggero, avanguardistico, sperimentale, mistico, sgalambriano) o per generi (pop, classico, operistico, filmico) che pure, nondimeno, hanno un qualche valore ricostruttivo, ma che, alla luce di quanto diremo anche qui, valgono solo a fini pratici e mnemonici.
Battiato in diverse interviste afferma di essere stato sempre lo stesso, per l’esattezza se stesso, a parte l’appannamento fine anni Sessanta; ed è in coerenza a tutto questo che afferma: «Sin da quando ero piccolo il mio rapporto con l’esistenza è sempre stato metafisico. Un senso che continuo ancora a trascinarmi dietro e che ringrazio di avere»; oppure: «La piccola urgenza di raccontare storie che riguardano più il metafisico che il reale è un’esigenza che sento da quando avevo tre anni».
In questo senso vorrei subito osservare che, in effetti, questa canzone di Battiato appare al centro del cosiddetto periodo avanguardistico ma poi ricompare, oltre che nell’album L’era del cinghiale bianco del 1979, quello della cosiddetta svolta pop, molto spesso nel suo repertorio live successivo.
Ma non è tutto, perché va anche ricordato che Battiato, a inizio carriera, fine anni Sessanta, dunque nel suo cosiddetto periodo leggero, si esibisce nei cabaret milanesi e qui propone un presunto repertorio tradizionale dell’isola: in realtà, afferma Battiato «spacciavo come ‘canti tradizionali’… canzoni scritte da me». Alla luce di questa dichiarazione si potrebbe pensare che Stranizza d’amuri, o una sua proto-versione, facesse parte di questo primo inedito e sconosciuto repertorio isolano di Battiato.
Vi è poi un altro motivo per credere che questa canzone sia non solo autobiografica (una delle poche!) ma anche una di quelle che si legano addirittura all’adolescenza isolana di Battiato e di qui il fatto che sia scritta, cantata e pensata in dialetto (il tratto autobiografico emerge dalle interviste in calce e dalla canzone Il mito dell’amore).
Per proseguire su questa strada diviene però necessario aprire un’apparente digressione e riflettere un attimo sull’uso in Battiato del dialetto, un uso decisamente parco se le canzoni in siciliano del suo canzoniere sono solo quattro.
Afferma Battiato rispondendo alla domanda sul perché abbia usato, ad esempio in Un cammino interminabile (2001), il dialetto siciliano:
Per me l’uso dialettale è bellissimo, mi piace molto, l’importante è che non sia un fattore usato per esibizionismo, come fanno alcuni politici e anche letterati. Questa canzone si farà apprezzare al di là dell’uso del dialetto, perché se è vero che non tutti capiscono il siciliano, è altrettanto vero che la musica va oltre l’aspetto dei testi. È importante che ognuno interpreti a suo gusto un verso o una canzone. Apprezzo quello che dice Sgalambro al proposito, quando asserisce che il dialetto è un duro linguaggio della necessità, è il momento animale della lingua, il desiderio di animalità. Chi parla di musicalità del dialetto non sa di che cosa parla: se la lingua è storica e culturale, il dialetto è cosmico. Chi muore, muore in dialetto!
Dato ciò, tornando ora al testo della canzone e pure dopo averla corredata di un’incerta traduzione, voglio dire che, a prima lettura, restano aperte molte domande: quale «guerra»? contro quale nemico? un amore così sconvolgente e totalizzante nasce da un’esperienza diretta di Battiato? o è il risultato di uno di quelli che Battiato chiama «trucchetti di sostituzione»?
Non credo di avere delle risposte ultimative da proporre ma ricordo un’affermazione fondamentale, che Battiato non ama «la consequenzialità pedissequa». Nondimeno credo che una traccia di comprensione possa venire, oltre che da quanto finora detto, da alcune risposte di due interviste di Battiato (riportate in calce) … ma specialmente si ricordi che, se «chi muore… muore in dialetto», questa massima vale anche se… si muore d’amore! Stranizza d’amuri!
(Il mito dell’amore, Fisiognomica, 1988)
Iniziamo col riportare la traduzione in italiano del testo in dialetto siciliano:
Nel vallone di Scammacca (vicino a Catania) / i carrettieri ogni tanto lasciavano i loro bisogni / e i mosconi ci ballavano sopra / andavamo a caccia di lucertole… / (il vagone della) littorina circum-etnea / i saggi ginnici, il Nabucco / la scuola sta finendo / Man mano che passano i giorni / questa febbre mi entra dentro le ossa / nonostante che qui fuori c’è la guerra
mi sento stranezza d’amore… l’amore / e quando ti incontro nella (per) strada / mi viene una scossa nel cuore / nonostante qui fuori si muore (‘un amore’ o ‘non muoio’ o ‘non muore’: testo e dizione equivoci) / stranezza d’amore… l’amore.
Il fatto che Stranizza d’amuri sia stata composta nel 1975 potrebbe bastare a rendere arbitraria la scansione dell’opera di Battiato in periodi (leggero, avanguardistico, sperimentale, mistico, sgalambriano) o per generi (pop, classico, operistico, filmico) che pure, nondimeno, hanno un qualche valore ricostruttivo, ma che, alla luce di quanto diremo anche qui, valgono solo a fini pratici e mnemonici.
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Dichiarazioni
C’è stata una donna divina nella tua vita?
È quella infantile, quella studentesca, che poi siccome è la prima volta, è quella che rimane di più, cioè che ti dà la scoperta perché poi quando lo sai è chiaro che le altre volte, se ti succederà (non è che hai imparato niente perché gli sconvolgimenti esistono lo stesso) però la prima volta è aprirsi a un mondo assolutamente nuovo, perché dai 16 anni passi all’innamoramento che ti dà una dimensione straordinaria.
Forse la canzone d’amore più vera che hai scritto è ‘Stranizza d’amuri’.
Quello era un innamoramento vero, corrispondente a quella canzone.
[GIULIA SANTERINI, CAPITAL TRIBUNE, 5/11/2004]
Sono stato innamorato, a sedici anni (…) Lei mi faceva tremare le gambe. Fu bello, perché finì lì. Un altro anno di quei tremblement mi avrebbero ucciso. So cosa vuol dire, ho provato quell’ebbrezza. Ma ora stiamo parlando dell’amore cosciente, quello che arriva dopo. Mai accettata l’idea dell’innamoramento come perpetuazione del malessere, quando nella coppia iniziano i sadismi… È umiliante. No, no, da qui non passa. (…) Vogliamo chiamarlo amore? Quell’uno su un miliardo si verifica quando due stature di altissimo livello si incontrano; allora non si litiga per un dentifricio, e il calo del desiderio non è la ragione sufficiente per una separazione. C’è un malinteso intorno all’amore e al sesso. Troppi credono che sia un sentimento che esplode in una forte tensione sessuale e dopo un po’ scema. Ma quella è un’infatuazione, un abbaglio. Anche l’orgasmo è un momento più complesso di una semplice eiaculazione, è la prova generale dell’abbandono del proprio ego.
[GIUSEPPE VIDETTI, LA REPUBBLICA, 1/12/2012]