Piccolo pub

Sgalambro definisce canzoni come questa «canzoni d’alleggerimento» (relativo certo!) ovvero «piccoli lieder dove si esprimono emozioni umane». Il tema qui è l’amicizia come sentimento positivo rispetto alla morte («notte» richiama «morte» persino da un punto di vista fonico). Ed in effetti l’amicizia e il tempo dell’amicizia è un regalo che facciamo agli altri e a noi stessi: «Regalo della notte, piccolo pub». È per questo che Sgalambro afferma che si filosofa per salvare noi stessi e gli amici (la mensa e il bar, come ci insegna Socrate nel Simposio, sono ovviamente luoghi di alta filosofia).
Il testo procede (come spesso in Battiato-Sgalambro) invertendo l’ordine logico degli eventi. Dunque il secondo blocco è logicamente il primo: ed infatti si dice entro cerimonioso…
Il blocco iniziale è così, logicamente, il secondo ed è infatti il momento del congedo: «vi saluto, amici…».
Fermo ciò, il congedo attuale e il latrare dei cani («si sentono latrare cani come trombe irreali, come trombe di morte») portano alla memoria del protagonista un altro momento di congedo, tout-court, dalla sua vita…
«Ero malato… era il ’43», anno di guerra in Italia e dunque tempo di «marcette militari» il cui ritmo era scandito, in modo simile, da «trombe irreali»: ecco dunque il nesso fonico tra il presente e il passato, quel ’43 quando il protagonista è stato, da ragazzo, tra la vita e la morte
Questa condizione di precarietà e minaccia esistenziale si ripete, di fatto, anche adesso perché la morte sempre incombe su di noi tanto che Sgalambro suggerisce, in molte sue opere, di usare «morenti» al posto di «viventi»…
Da osservare che il tema della morte (comunque) imminente ci dice che il protagonista non è più un ragazzo ma una persona adulta, quasi anziana, impegnata da tempo e faticosamente nella pericolosa «battaglia della vita»: e, in effetti, un «guerriero» è sempre sospeso tra la vita e la morte. È questo un concetto, quello della vita come una battaglia, che spiegheremo meglio più avanti, precisando anche cosa sia la «Luce Originaria» (e il perché delle maiuscole); comunque intanto queste parole ci dicono che la milizia del protagonista è dalla parte della Giustizia e della Verità imperiture, che questo è il suo onore di soldato e che per questi valori è pronto a lottare e a morire. Sono questi, per inciso, i valori del sodalizio tra Battiato e Sgalambro; dunque «Guerriero della vita… l’armatura rimanda la Luce Originale» significa -in prima istanza- che i nostri «guerrieri della vita» (Battiato, Sgalambro e i loro amici) partecipano della Luce Originaria e lottano per il trionfo della Luce sulle Tenebre.

Veniamo ora al terzo blocco. Qui sono rappresentati i pensieri del protagonista sulla via di casa e principalmente uno: «la morte ci annienta e ci cancella» facendoci divenire ombre di una notte eterna dove nulla si distingue più. Nondimeno l’amicizia, i luoghi dell’amicizia (il pub) e i suoi «rituali cerimoniosi» (che troviamo ricordati in mezzo ai blocchi 2 e 3) ci sono di conforto alla vita; il pub diventa così tanto prezioso da avere, come una banca, un caveau: naturalmente è la latrina dove si svolge l’operazione più magica e segreta ovvero quella di mutare la morte in vita e viceversa.
L’amicizia è dunque un «regalo» di vita che facciamo e ci facciamo contro la morte e contro la notte. Ci aiutano ancora in questa ricostruzione logica della canzone e nella sua parafrasi, alcuni versi del duo dalla canzone significativamente intitolata Testamento (2012):

Lascio agli amici gli anni felici, delle più audaci riflessioni, / la libertà reciproca di non avere legami… e mi piaceva tutto della mia vita mortale! (…) I linguaggi urbani si intrecciano e si confondono nel quotidiano (…) ‘Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtude e conoscenza’

con un richiamo forte al canto XXVI dell’Inferno di Dante, dove Ulisse parla per l’ultima volta ai suoi amici e compagni. Ci aiuta un’ulteriore citazione da Sgalambro, ancora dalle prime pagine di Del pensare breve e Del metodo ipocondriaco:

Teoria della provincia. Si capitava in un bar… così il ‘c’era una volta’ investe la propria vita e la piega, riluttante, al ricordo (Rammentiamo ancora quei discorsi che bruciavano anzitempo i nostri giovani nervi…).
Il termine ‘problema’, così paludato, non riusciva a esprimere il tumulto che si celava dietro le mosse cavalleresche del discorrere. Si parlava senza freni. Mille vibrazioni si condensavano in un cenno. Feriti dalla vita: così si diceva. Già una navigata coscienza, una puttana coscienza, ne metteva a nudo le punte di ferro. O provincia, provincia, la nostra ignoranza quanto sapere ci inflisse e come colpì!

Utili poi, più in generale, altri due testi di Sgalambro non direttamente connessi con la canzone ma che vertono ancora sul tema dell’amicizia (e il primo in particolare pensiamo che si riferisca a Franco perché apre la raccolta delle canzoni di Battiato che è uscita per Einaudi).

Sodalizio: È vero, due perfetti amici ormai tacciono. Non hanno più nulla da dirsi. Ma nel senso superiore. Godono delle loro sembianze stando accanto e delle loro anime stando lontano. Il mortificante chiacchiericcio non prevale sulle ragioni profonde per cui l’esistenza reciproca è assaporata come aria pura di montagna. Eppure si deve parlare ancora, e sfidare con turbanti parole l’atroce sordità del mondo. Ma in ultimo, nel momento migliore della loro amicizia, sono solo loro due. Tra essi non si introduce che l’incanto della Forma che danno a emozioni comuni.

Amici: Il rosso marziano illumina le notti / e il balenare dei sogni ne riluce. / Che bel rosso, amici / contubernali, compagni di pranzi e di cene / spezziamo il pane… Un detto greco dice: ‘Non ci sono amici’ / Ma che m’importa dei greci?

È ora utile affrontare l’ultima frase della canzone: «Nessuno o tutt’uno / vacca nera sono / gatto grigio nella tua notte. / Nessuno o tutt’uno / vacca nera sei / gatto grigio nella mia notte». Facile dire che essa rimanda alla feroce critica di Hegel a Schelling: «Gabellare un suo Assoluto per la notte nella quale, come si suol dire, tutte le vacche sono nere» (Fenomenologia dello Spirito, Prefazione, Nuova Italia, 1976, p. 13). Con un rinvio ulteriore al passo del Faust di Goethe che recita, nella splendida traduzione di Franco Fortini, «notte fonda… nere tutte le vacche e tutti i gatti bigi» (Faust II, Atto primo, vv. 5035-5036). La battuta si trova anche ne Il Cavaliere dell’Intelletto (1994), dove l’Imperatore dice: «Tutte le mucche in questo modo son nere e ogni gatto è bigio».

Un ulteriore riferimento suggestivo, altrettanto dotto, lo troviamo un poco più oltre. Infatti i cani che ululano potrebbero non essere cani normali ma animali inferi, dunque ambasciatori di morte (cfr. Remo Bodei dal suo studio su Nietzsche contenuto in Destini personali, 2005, p. 337).

Infine, se corre appena il caso di ricordare che ritroviamo le «marcette militari» in un’opera di Sgalambro (cfr. Del delitto, p. 56), più importante, credo, un’osservazione che si chiarirà tra poco: se le epiche imprese del nostro Duce, Benito Mussolini, e in particolare la guerra civile del 1943, sono tutt’al più «marcette militari» (feroce ironia sui disastri bellici della povera Italietta), ben altra milizia è quella di Battiato e Sgalambro e lo preciseremo partendo dalla Genesi e dalla «Luce originaria» e arrivando alle Lettere di San Paolo. Complesso, in effetti, il discorso che riguarda la «Luce Originaria» per la quale la prima osservazione da fare è l’uso delle maiuscole che è precisato nel testo.

Questa volta la guida che ci può illuminare è lo storico delle religioni Mircea Eliade il quale afferma che «secondo alcune tradizioni ebraico-cristiane e gnostiche Adamo, dopo il suo peccato (cioè l’unione sessuale), perse la sua ‘Luce Originaria’». Precisa l’Enciclopedia dei simboli, alla voce «Luce»:

Nelle leggende ebraiche (cfr. J. Bin Gorion 1980) la peculiarità del racconto della creazione viene spiegata con il fatto che il Creatore nascose la luce creata il primo giorno… Egli disse… la prima luce che dura eternamente, sarà la luce dei giusti che verranno.

Rileggiamo allora l’incipit della Genesi biblica:

In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso… Dio disse: ‘Sia la luce e la luce fu’. (…) Poi Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte…

Va cioè esplicitato che nell’esoterismo ebraico della Kabala, la «Luce Originaria» è incarnazione diretta della Divinità, così come, in seguito, nel Cristianesimo. Dunque la Luce possiede qualità proprie e non viene concepita come emanazione del sole che, infatti, venne creato dopo la Luce. Questa «Luce Originaria» che fu vista da Adamo e persa dall’umanità in seguito al suo peccato, tornerà a risplendere con l’avvento apocalittico di Cristo e sarà vista dai «giusti» che vivranno in essa in eterno.
La frase «L’armatura rimanda la Luce Originale» e la precisazione dell’essere «guerrieri della vita» ci dicono che Battiato e Sgalambro concepiscono la vita e la loro milizia intellettuale e artistica come una lotta che riflette valori imperituri: giustizia, verità, etica della nobile amicizia… Nelle parole della canzone sentiamo così anche un’eco delle parole di San Paolo e delle sue Lettere:

Se un tempo eravate tenebra, ora siete… figli della luce… bontà, giustizia e verità… Rivestitevi dell’armatura di Dio… la nostra battaglia… contro i dominatori di questo mondo di tenebra.

In conclusione ancora una citazione riportata da Eliade:

Chi partecipa all’energia divina (…) diviene anche lui in qualche modo Luce; egli è unito alla Luce e per mezzo di essa vede in piena coscienza tutto ciò che resta celato a coloro che non hanno avuto questa grazia.

Incontro con Sgalambro, Perelandra, 3/4 gennaio-agosto 2002, p. 103 e 115
«Si filosofa per salvare gli amici»
La morte del sole, p. 16
«Cerimonioso, entro…»
«Vi saluto amici, ci vedremo domani…»
«Trombe irreali, ululano cani, si sentono. / Odo marcette militari.»
«Come sopportiamo ancora di chiamarci viventi – noi morenti!», Del pensare breve, p. 105, 1991)
«Estote parati», «Siate pronti»,
recita la Sapienza dei Vangeli.
«Birra e urina si scambiano le parti»
Battiato e Sgalambro scrivono, nel 2004, una canzone intitolata, appunto, Conforto alla vita e Sgalambro è autore, nel 1995, di un’opera intitolata, significativamente, La consolazione e dedicata a quell’opera di misericordia che è il conforto ai morenti.
È da ricordare ancora Attraverso il Bardo. Sguardi sull’al di là (Bompiani, 2014). Qui le voci del duo si intersecano a quelle di altri artisti e intellettuali tutti riuniti a riflettere sul tema della morte e sul tema della vita come «educazione al morire».
«Duri come pietre / come due amici / eravamo insieme» da Quello che fu (1998); per la antica e nobile parola «sodalizio», si veda Antonio Ranieri, Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi edito dopo la morte del poeta e ristampato, ad esempio, da Garzanti nel 1979.
Rimanda a Nietzsche: «‘Amici, non ci sono amici!’ gridò il saggio morente. ‘Nemici, non ci sono nemici!’ grido io, il pazzo vivente» (Umano, troppo umano, aforisma 376), ma cfr. anche Sgalambro, Marcisce anche il pensiero, 2011, p. 88.
critica di Hegel a Schelling
Altre citazioni e riflessioni ideologico-lessicali
«Odo marcette militari»­­
Per Sgalambro che spesso la verità si nasconde nelle virgole e dunque questa regola può valere anche per le maiuscole.
Mircea Eliade: Spirito, luce e seme in Occultismo, stregoneria e mode culturali. Saggi di religioni comparate, Sansoni, Milano, 1982, p. 139; cfr. Esperienze della luce mistica in Mefistofele e l’Androgine, Ed. Mediterranee, Roma, (1971) 1995, pp. 15 e 70
Genesi, 1, 1-16
«L’armatura rimanda la Luce Originale» ed essere «guerrieri della vita»
Lettera agli Efesini, 5, 8 e 6, 11-12 ma anche «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede», Seconda lettera a Timoteo, 4, 7.
Eliade, Esperienze della luce mistica, in Mefistofele e l’Androgine, Ed. Mediterranee, Roma, (1971) 1995, p. 57

Sgalambro definisce canzoni come questa «canzoni d’alleggerimento» (relativo certo!) ovvero «piccoli lieder dove si esprimono emozioni umane». Il tema qui è l’amicizia come sentimento positivo rispetto alla morte («notte» richiama «morte» persino da un punto di vista fonico). Ed in effetti l’amicizia e il tempo dell’amicizia è un regalo che facciamo agli altri e a noi stessi: «Regalo della notte, piccolo pub». È per questo che Sgalambro afferma che si filosofa per salvare noi stessi e gli amici (la mensa e il bar, come ci insegna Socrate nel Simposio, sono ovviamente luoghi di alta filosofia).
Il testo procede (come spesso in Battiato-Sgalambro) invertendo l’ordine logico degli eventi. Dunque il secondo blocco è logicamente il primo: ed infatti si dice entro cerimonioso…
Il blocco iniziale è così, logicamente, il secondo ed è infatti il momento del congedo: «vi saluto, amici…».
Fermo ciò, il congedo attuale e il latrare dei cani («si sentono latrare cani come trombe irreali, come trombe di morte») portano alla memoria del protagonista un altro momento di congedo, tout court, dalla sua vita…

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