Medievale
zoom testo+ –
¶Sdraiato su un’amaca a prendere il sole leggendo un libro di poesia medievale.
Amor quando mi membra li temporal che vanno
che m’han tenuto danno già non è maraviglia s’io sconforto.
Però talor mi sembra ciascuna gioia affanno e lealtate inganno
e ciascuna ragion mi pare torto.
Un fascio di serici sogni incorona le notti e i riposi
un balzo di tigre inquieta mi sveglia al giorno.
E paremi vedere fera dismisuranza
chi buon’uso e leanza
voglia a lo mondo già mai mantenere.
Più che ‘n gran soperchianza torna per me piacere e ‘n gran follia savere per ch’io son stato lasso, in gran erranza.
Il senso del testo della canzone è misterioso. Anzi doppiamente misterioso. Questa la parte scritta da Battiato e Sgalambro:
Sdraiato su un’amaca / a prendere il sole / leggendo un libro / di poesia medievale
Un fascio di serici sogni / incorona le notti e i riposi / un balzo di tigre inquieta / mi sveglia al giorno
mentre il resto è del poeta trecentesco Bondie Dietaiuti, come preciseremo tra poco.
Eppure qualcosa del senso del racconto che ci viene proposto per frammenti giustapposti forse è possibile intuire. E la parola che ci guida è «gran erranza» che ci permettiamo di tradurre con «nero peccato». Prende così senso un’altra criptocitazione: il luminoso «balzo di tigre» che viene da T. S. Eliot in Gerontion (1920), e che simboleggia la conversione, il risveglio, la rinascita.
Allora, ancora una volta, la canzone presenta (allude a) un percorso mistico e iniziatico da una situazione di dolore e peccato a una prospettiva di salvezza. La situazione iniziale è, infatti, una situazione di assoluta confusione esistenziale:
infatti talvolta mi sembra / che ogni gioia sia affanno, / e lealtà sia inganno, / ed ogni ragione un torto
ed è in questo contesto negativo che appare, in una prospettiva di salvezza, Cristo la Tigre. Ma per meglio orientarci in questo arduo percorso proseguiamo col trascrivere il testo della poesia trecentesca ripresa da Battiato e Sgalambro, affiancandolo con una sua parafrasi esplicativa. Precisiamo però una piccola variazione fonemica: il «talor» della canzone, nell’originale di Dietaiuti è «c’alor»:
Il senso del testo della canzone è misterioso. Anzi doppiamente misterioso. Questa la parte scritta da Battiato e Sgalambro:
Sdraiato su un’amaca / a prendere il sole / leggendo un libro / di poesia medievale
Un fascio di serici sogni / incorona le notti e i riposi / un balzo di tigre inquieta / mi sveglia al giorno
mentre il resto è del poeta trecentesco Bondie Dietaiuti, come preciseremo tra poco.
Eppure qualcosa del senso del racconto che ci viene proposto per frammenti giustapposti forse è possibile intuire. E la parola che ci guida è «gran erranza» che ci permettiamo di tradurre con «nero peccato». Prende così senso un’altra criptocitazione: il luminoso «balzo di tigre» che viene da T. S. Eliot in Gerontion (1920), e che simboleggia la conversione, il risveglio, la rinascita.
Allora, ancora una volta, la canzone presenta (allude a) un percorso mistico e iniziatico da una situazione di dolore e peccato a una prospettiva di salvezza. La situazione iniziale è, infatti, una situazione di assoluta confusione esistenziale:
[…]
abbònati per accedere a questo e agli altri commenti di www.battiatolacura.it
Amor, quando mi membra
li temporal’ che vanno,
che m’han tenuto danno,
già non è maraviglia s’io sconforto,però talor mi sembra
ciascuna gioia affanno,
e lealtate inganno,
e ciascuna ragion mi pare torto.E paremi vedere
fera dismisuranza,
chi buono uso e leanza
voglia a lo mondo già mai mantenere,poi che ‘n gran soperchianza
torna per me piacere,
e ‘n gran follia savere,
per ch’io son stato,
lasso
in grande erranza.
Amore, quando ricordo
i tempi che corrono
che mi han completamente traviato
non è strano se mi scoraggioinfatti talvolta mi sembra
che ogni gioia sia affanno,
e lealtà sia inganno,
ed ogni ragione un torto.E mi pare di vedere
crudele eccesso verso
chi i buoni costumi e lealtà
volesse conservare al mondo,poiché si trasforma in grave eccesso
per me il piacere,
e in gran follia il sapere,
dato ch’io son caduto,
disgraziatamente,
in un nero peccato.
Dell’autore, Bondie Dietaiuti, non sappiamo nulla se non che ha scritto questa e poche altre poesie; certo doveva essere colto ma non doveva essere un personaggio potente, visto che porta un tipico nome e cognome da trovatello: «Buongiorno, Che Dio t’aiuti».
In particolare questa poesia è la risposta per le rime a una poesia d’amore di Brunetto Latini, S’eo son distretto inamoratamente. La scelta dell’interlocutore è estremamente significativa perché Brunetto Latini è il Maestro, contraddetto e contraddittorio, di Dante che, pur stimandolo umanamente, lo colloca, nondimeno, nell’Inferno.
Il suo peccato è, apparentemente, la sodomia, in realtà è l’incapacità di un retto e illuminato amore. Brunetto Latini rappresenta cioè l’alto amor cortese che Dante teologo e mistico rifiuta (e condanna) perché legato solo alla dimensione terrena; il suo peccato e la sua condanna sono, semplificando, simili a quello della Francesca da Rimini del grande Canto V dell’Inferno.
E in effetti, in questo caso specifico, la poesia del Latini esprime un amore piuttosto esplicito e veemente, mentre la risposta di Bondie, quella citata da Battiato-Sgalambro, è decisamente più carica di ombre e luci, di complessive incertezze esistenziali.
Per comprendere meglio l’intera vicenda è necessario però richiamare l’ottima analisi di Silvio D’Arco Avalle che per primo ha messo in relazione questa composizione di Bondie con quella del Latini, rilevando ed esplicitando l’implicazione omosessuale dello scambio epistolar-poetico.
Insomma, le corrispondenze interne tra la poesia del Dietaiuti (quella citata da Battiato e Sgalambro) e la canzone S’eo son distretto inamoratamente di Brunetto Latini, e la contiguità dei due testi all’interno dello stesso codice (volume manoscritto), hanno fatto pensare, in primo luogo, al fatto che la canzone del Dietaiuti sia una risposta al Latini, ma poi, di conseguenza, che la natura amorosa di questa corrispondenza coinvolga (quindi) il Dietaiuti nell’accusa di sodomia rivolta da Dante (Inferno, XV) al Latini.
Dato ciò, ne segue ancora il fatto che il «nero peccato», la «gran erranza», di cui si parla in una prospettiva di salvezza sia l’eccessivo amore per quanto è terreno e per quanto ci lega a questo mondo e non, naturalmente, l’omosessualità in se stessa. Omosessualità che pure è evidente dato il contesto della canzone. Ma l’accento batte, e deve battere, sugli inganni delle «notti» e dei «serici sogni» contrapposto alla forza luminosa e liberatrice della «Tigre Cristo» che ci sveglia e ci porta in un nuovo giorno, ovvero in una nuova prospettiva esistenziale. Naturalmente va sottolineato il fatto che «Cristo la Tigre» è simbolo sintetico di ogni percorso di liberazione e conversione, senza alcuna precisazione di ordine chiesastico o religioso; significativo anche il fatto che questi siano i versi originali scritti dal duo e quelli dove è più esplicita la costruzione ideologica che guida il collage nel suo complesso.
Alla luce di tutto questo percorso credo di poter dire che il tema che si affronta in Medievale sia proprio quello dell’amore cieco (sia esso omosessuale o eterosessuale) e di un percorso per uscire da questa tipica ossessione dell’io; questa prospettiva inoltre è perfettamente coerente con l’implicito richiamo a Dante e con l’esplicito richiamo ad Eliot, un autore, a sua volta, fortemente debitore nei confronti del poeta fiorentino.
Dichiarazioni
La tematica amorosa è una tematica che non tratti in modo ossessivo, come avviene in altri autori.
Ho un certo riserbo in proposito. Non mi piace sfruttare il tema dell’amore. Il sesso e la sfera dei sentimenti devono restare nel privato. E non è una questione di pudore. Diciamo che ho iniziato a non volere parlare di me da questo punto di vista (…) Non ne vorrei neanche parlare. Le donne e gli uomini, ma che cosa vogliono dire queste categorie. Se si considera che ognuno di noi è stato donna nel passato… e una donna è stata uomo, e un uomo è stato donna… Tutto dipende dal grado di conoscenza che hai del tuo genere di vita passata e dal grado di conoscenza che hai del tuo essere oggi…
[IL CINEFORUM DEL DOTTOR FREUD, IGNAZIO SENATORE, NAPOLI, 27/11/2003]
In ‘Prospettiva Nevskij’ fai cenno all’amore omosessuale provato da Djagilev nei confronti di Nižinskij.
È una vicenda accaduta realmente… mi aveva appassionato l’idea di un impresario che delira d’amore per un stella che egli stesso ha creato. E questa stella declina quando s’incrina il loro amore. La fine dell’amore è la pazzia per lo stesso Nižinskij. Un amore omosessuale cieco. (…) Il nostro destino dovrebbe essere quello di lottare e difenderci da certe influenze (…) Si guarisce dalla perversione, dal perseverare nell’errore… In ‘Come un cammello in una grondaia’ parlo del dolore terreno. C’è un’espressione, ‘gli inutili dolori’, che amo particolarmente; alcuni dolori sono veramente inutili. Io sono all’opposto. Io ricerco la gioia… La presa di coscienza del nostro dovere di uomini… è una risalita conoscitiva.
[BATTIATO-PULCINI, OP. CIT., PP. 33, 36, 65, 95, 96, 116]