Lode all'inviolato
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¶Ne abbiamo attraversate di tempeste
e quante prove antiche e dure
ed un aiuto chiaro da un’invisibile carezza di un custode.
¶Degna è la vita di colui che è sveglio
ma ancor di più di chi diventa saggio
e alla Sua gioia poi si ricongiunge sia Lode,
Lode all’Inviolato.
¶E quanti personaggi inutili ho indossato io e la mia persona quanti ne ha subiti arido è l’inferno sterile la sua via.
¶Quanti miracoli, disegni e ispirazioni…
E poi la sofferenza che ti rende cieco
nelle cadute c’è il perché della Sua Assenza
le nuvole non possono annientare il Sole
e lo sapeva bene Paganini
che il diavolo è mancino e subdolo e suona il violino.
È necessario, in primo luogo, osservare che Lode all’inviolato non è solo fortemente dualistica ma pone la nostra persona al crocevia di due tensioni diverse ed opposte. Come Paganini che è diviso e attraversato dalla lotta tra Bene e Male, ciascuno di noi deve essere consapevole della propria ineludibile responsabilità nel percorso dell’esistenza: «Degna è la vita di colui che è sveglio / ma ancor di più di chi diventa saggio / e alla Sua gioia poi si ricongiunge».
La sofferenza, che è parte altrettanto ineludibile di questa vita terrena, non ci deve però rendere ciechi ma consapevoli che tutto è voluto da Dio ed è così che ci ricongiungeremo a Lui: «E poi la sofferenza che ti rende cieco… (però sappi che) le nuvole non possono annientare il Sole» (ovvero che le nuvole, le sofferenze non possono annullare il principio divino che è in noi e al quale torneremo).
«Lei ha mai incontrato diavoli veri nella sua vita?», viene chiesto a Battiato a bruciapelo, non si sa se con consapevolezza o piuttosto per quelle forme di pilota automatico che spesso hanno i nostri giornalisti, tanto che a volte paiono guidati in modo quasi ipnotico da Battiato a chiedergli cose di cui essi sanno e non sanno… E così Battiato risponde: «Ne vedo in carne e ossa tutti i giorni, veramente… ci sono e potenti anche…» (La Stampa, 25/4/1994).
Il dettato di Battiato è chiarissimo come anche la sua posizione complessiva: la Lode all’inviolato è, però, nello stesso tempo, una dichiarazione di guerra, aperta ed esplicita, al diavolo e ai suoi seguaci. Dato questo contesto, è opportuno precisare che il violino a mio avviso simboleggia tutto quello che è creato ed è, come tutto il creato, un termine neutro, non pregiudizialmente negativo o positivo, e quindi oggetto di contesa tra il Diavolo ingannatore e l’uomo seguace del Bene che vuole tornare all’Inviolato e vive le cose del mondo per il loro vero valore. Il violino dunque, come ogni cosa di questo mondo, può essere usato per il bene o per il male.
Non a caso il grande violinista Salvatore Accardo nel presentare tempo addietro il suo Diabolus in musica ha avuto modo di sfatare diverse leggende su Niccolò Paganini:
Paganini aveva mani molto grandi, specialmente la sinistra; per questo riusciva a fare cose per altri impensabili, come suonare due corde contemporaneamente… Fu Goethe a scrivere, dopo aver assistito a un suo concerto, che aveva visto il diavolo. Schubert invece scrisse che aveva sentito suonare un angelo… la verità è che Paganini era un uomo fisicamente mostruoso, aveva braccia lunghissime, quasi scimmiesche, ed era afflitto da dolori alla colonna. Per questo pare che durante i concerti si torcesse in modo strano e violento.
Utile riportare anche un passo di G. Mattei in cui Battiato specifica la scelta di Paganini:
Mattei: ‘Lo sapeva bene Paganini che il diavolo è mancino e subdolo e suona il violino’. Battiato, lei cosa ha voluto esprimere con questo verso?
Battiato: Il diavolo esiste e può essere un buon esercizio cogliere i segni della sua presenza: ha sete di sangue. Ho scelto Paganini perché suonava con la sinistra e già alla sua epoca era considerato un personaggio inquietante. Ma sono convinto che il diavolo si annidi, in maniera neanche troppo nascosta, in molto rock contemporaneo. L’ho già detto e lo ripeto. Gli effetti di Satana ci sono e sono chiari. La cosa più grave è la mancanza di amore per la vita. Alla fine però il male collasserà e verrà la pace (…) So bene che gli scientisti non sopportano le mie affermazioni. Ma ripeto che in un certo rock si avverte la possessione del satanismo. Con il diavolo e le sue forze minori non si scherza. Il diavolo esiste ed è sempre all’opera. Perché certo rock deve usare determinati simboli e dare lode al diavolo? Il rock non è la musica del diavolo, guardo però ad alcune frange… Ognuno può fare quello che vuole e, se uno sceglie di introdurre testi satanici nei suoi lavori, faccia pure. In giro c’è molta stupidità e incapacità di capire. Chi parla di Dio per loro è un imbecille e chi parla del demonio si diverte? (Accomodatevi ma…) attenzione, perché queste cose sono terribilmente serie (…) Se poi chi lo fa, lo fa per attirare attenzione e vendere dischi… allora è vittima due volte del demonio e forse neppure se ne accorge.
Infine vorrei notare che questo testo di Battiato implica a mio avviso una precisa ricerca sulle Lodi a Dio e naturalmente questa ricerca mistica, tipica del nostro cantautore, non fa riferimento solo al mondo cristiano. Si veda ad esempio questo passo dal Corano: «Lui, Dio, è Uno! Dio… L’Impenetrabile». Fermo ciò, credo il termine «custode» credo rimandi invece proprio alla tradizione cristiana e alla preghiera che così trascrivo:
Angelo di Dio, che sei il mio custode, illumina, custodisci, proteggi e governa me che ti fui affidato dalla pietà celeste. Amen.
È necessario, in primo luogo, osservare che questa canzone non è solo fortemente dualistica ma pone la nostra persona al crocevia di due tensioni diverse ed opposte. Come Paganini che è diviso e attraversato dalla lotta tra Bene e Male, ciascuno di noi deve essere consapevole della propria ineludibile responsabilità nel percorso dell’esistenza: Degna è la vita di colui che è sveglio / ma ancor di più di chi diventa saggio / e alla Sua gioia poi si ricongiunge».
La sofferenza, che è parte altrettanto ineludibile di questa vita terrena, non ci deve però rendere ciechi ma consapevoli che tutto è voluto da Dio ed è così che ci ricongiungeremo a Lui: «E poi la sofferenza che ti rende cieco… (però sappi che) le nuvole non possono annientare il Sole» (ovvero che le nuvole, le sofferenze non possono annullare il principio divino che è in noi e al quale torneremo).
«Lei ha mai incontrato diavoli veri nella sua vita?», viene chiesto a Battiato a bruciapelo, non si sa se con consapevolezza o piuttosto per quelle forme di pilota automatico che spesso hanno i nostri giornalisti, tanto che a volte paiono guidati in modo quasi ipnotico da Battiato a chiedergli cose di cui essi sanno e non sanno… E così Battiato risponde: «Ne vedo in carne e ossa tutti i giorni, veramente… ci sono e potenti anche…» (La Stampa, 25/4/1994).
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Dichiarazioni
Mi tolga una curiosità, e mi perdoni la banalità della domanda: che cosa l’ha spinta a ‘scegliere’ il sufismo in luogo -che so- del buddismo o della teosofia?
Direi che l’ho abbracciato per una questione di vicinanza, per quella sorta di illuminazione che ti pervade quando ti accorgi di aver trovato proprio quello che andavi cercando. In altre parole, io sono legato al sufismo perché ho scoperto che il mio mondo interiore è assolutamente uguale a quello dei mistici sufi, in particolare per quel che riguarda la concezione della sofferenza.
La sofferenza?
Sì, proprio la sofferenza. Da non intendersi nell’accezione ‘normale’ del termine, come quel ‘qualcosa’ che in genere pervade i rapporti di coppia e provoca le liti e le rotture coniugali: ma, semmai, nel suo senso più universale e trascendente, vicino a quello stato che generalmente viene classificato come ‘angoscia’. Bene, questo sgomento, quando sopravviene, implica una totale inabilità nei confronti delle faccende della vita, impedisce ogni comprensione di quel che sta succedendo. E, quando viene portato alle conseguenze estreme, assomiglia a una tempesta cosmica che si abbatte su un individuo inerme: totalmente incapace di sopportare anche una briciola minuscola del suo furore. Proprio questo tipo di sofferenza, che più volte ho sperimentato sulla mia pelle, è stato il tramite che mi ha avvicinato al sufismo.
È a questo tipo di sofferenza che si è ispirato per scrivere ‘Il Re del Mondo’, la canzone che prende a prestito il titolo di un famoso saggio di René Guénon?
Direi di no: perché ‘Il Re del Mondo’, pur descrivendo una situazione assolutamente opprimente, è, tutto sommato, una canzone abbastanza serena. Direi anzi che l’unico riferimento a una sofferenza come quella che ho tentato di descrivere in precedenza si trova in una canzone del mio ultimo album, ‘Lode all’inviolato’. Nel passo dove canto: ‘Ne abbiamo attraversate di tempeste, e quante prove antiche e dure…’
[MILO E SUFISMO, BATTIATOVIRTUAL.IT]