Inneres Auge
zoom testo+ –
¶Come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando
o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti
precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina…
¶Uno dice che male c’è a organizzare feste private
con delle belle ragazze per allietare primari
e servitori dello stato?
¶Non ci siamo capiti e perché mai dovremmo pagare
anche gli extra a dei rincoglioniti?
¶Che cosa possono le leggi dove regna soltanto il denaro?
La giustizia non è altro che una pubblica merce…
Di cosa vivrebbero ciarlatani e truffatori
se non avessero moneta sonante
da gettare come ami tra la gente?
¶La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito -inneres Auge das innere Auge-
¶Con le palpebre chiuse si intravede un chiarore
che con il tempo, e ci vuole pazienza, si apre allo sguardo interiore
Inneres Auge das innere Auge
¶La linea orizzontale ci spinge verso la materia,
quella verticale verso lo spirito,
ma quando ritorno in me, sulla mia via, a leggere e studiare ascoltando i grandi del passato, mi basta una sonata di Corelli perché mi meravigli del creato.
Marco Travaglio: Che significa «Inneres Auge»?
Battiato: «Occhio interiore». Ma lo preferisco in tedesco. In italiano si dice «terzo occhio», ma non mi piace, fa pensare a una specie di Polifemo. I tibetani hanno scritto cose magnifiche sull’occhio interiore, che ti consente di vedere l’aura degli uomini: qualcuno ce l’ha nera, come certi politici senza scrupoli, mossi da bassa cupidigia; altri ce l’hanno rossa, come la loro rabbia.
Guénon ci dice che il «terzo occhio» è quello che ci dà «il senso dell’eternità». Nel libro di Battiato Attraversando il Bardo. Sguardi sull’Aldilà troviamo scritto: «Il Terzo Occhio è l’occhio della saggezza suprema, della saggezza trascendentale».
Afferma Battiato: «Chi gestisce il potere dovrebbe essere come un amministratore di condominio, e invece si sente e agisce come un padrone. Hanno il servizio d’ordine, e non scendono dalle macchine finché qualcuno non gli apre lo sportello… È surreale. Manlio Sgalambro in Dell’indifferenza in materia di società ha scritto pagine insuperabili sulla politica e su chi ci governa… Sarebbe bello trovare un modo per estromettere dalla vita sociale questi spudorati ladri. La risposta di questa canzone, come metafora, è che si può vivere semplicemente, ed essere felici».
Iniziamo col dire che il riferimento di Battiato a Sgalambro è non solo esatto, ma anche preciso e che la lettura di tale opera, come tutte quelle di Sgalambro, è illuminante sia in assoluto che rispetto a Battiato stesso. Tuttavia l’evidente sua modestia dimentica molti altri riferimenti presenti anche in altre canzoni sue e perfino scritte con Sgalambro.
Di Sgalambro inoltre va tenuta presente una poesia che cita il mito delle «api divoratrici» della quarta Georgica e dove sono aggiunti due versi nell’incipit che dunque diventa: «Un mucchio di cose: accadimenti / fatti discorsi rimuginii di teste dementi / come un branco di lupi…», per poi proseguire identica. Va poi osservato che la frase è stata adattata da Battiato anche in Campi magnetici del 2000 (in L’ignoto) dove, invece, è la fine a cambiare, ed è aggiunto, a chiudere, questo verso: «logoi dagli ultimi duemila anni».
Complessivamente possiamo allora ipotizzare che l’intervento di Battiato espliciti la consueta sinteticità apocalittica di Sgalambro con una serie di riferimenti alle cronache berlusconiane contemporanee sulle quali poco c’è da dire se non applaudire al coraggio e all’ironia del duo. Precisa in questo senso Battiato la genesi remota e contingente della canzone: «Non sopporto i soprusi… il pretesto di Inneres Auge, che ha origini più antiche, è arrivato quest’estate con lo scandalo di Bari, delle prostitute a casa del premier e con la disinformazione di giornali e tiggì che le han gabellate per faccende private».
A parte il riferimento al denaro, che è un tormentone dell’intera produzione di Battiato, ma anche un tema caro a Sgalambro, e poi comune, più significativa invece la frase «la linea orizzontale ci spinge verso la materia / quella verticale verso lo spirito» perché rimanda a un’antropologia, anche cristiana, per cui due sono i peccati dell’uomo, quello di Satana, ovvero il perdersi «orizzontale» nella materia, e quello «verticale», della superbia di Lucifero. Non solo, ma la croce di Cristo sarebbe un punto di equilibrio, faticoso e quasi impossibile, tra queste due, diverse e pure complementari, tensioni. Guénon, una delle letture esoteriche di Battiato se non uno dei suoi maestri, ci parlava in questo senso proprio della Croce di Cristo. È possibile, naturalmente, un’altra lettura con un riferimento al XXVI canto dell’Inferno dove, al modello umano e immanente del viaggio «orizzontale» di Ulisse, si contrappone il modello sovrumano e trascendente del viaggio «verticale» di Dante; il primo (di tradizione classica e scientifica) tende all’allargamento illimitato dei confini del conoscere, il secondo (di tradizione teologica e dunque ebraica, cristiana, mussulmana, induista, ecc.) tende a cogliere il significato universale e spirituale della vita in forma metafisica e trascendentale. Importante anche un passo di Musikanten, il secondo film di Battiato e Sgalambro: «La materia è vibrazione. Le vie della fisica quantistica, del misticismo e di certi allucinogeni si stanno unendo… Dall’infinitamente basso, nel cui campo siamo attratti e che fa sprofondare nella materia e nel dolore, dove sperimentiamo le frequenze della paura e della separazione, all’infinitamente alto, alla gioia assoluta».
Un’ultima precisazione riguardo «das innere Auge» ovvero «lo sguardo interiore»: secondo Battiato, e le tradizioni a cui si richiama, questa maniera di vedere la realtà in una prospettiva più profonda, capace di comprendere cioè il fondamento metafisico della realtà, non è immediata, ma deve essere costruita attraverso una ricerca spirituale, una ricerca interiore nella quale particolare rilievo hanno il fatto di essere in armonia con il creato (San Francesco e il suo Cantico delle Creature insegnano) e l’aiuto che ci possono dare le grandi opere d’arte del passato e, ci permettiamo di aggiungere, del presente.
Battiato: I grandi Sufi, quelli realmente illuminati, sono come San Francesco e pertanto molto vicini alla mistica occidentale. Inoltre, credo che una persona che ricerchi seriamente una via spirituale non possa pensare d’appartenere a una sola parrocchia. Se fa questo sbaglia, perché la Trascendenza non ha bandiere, altrimenti rischiamo di fare nuovamente la guerra degli dei o di tornare al tempo degli Argonauti.
Battiato: Adesso, da 32 anni, mi sostiene questa idea, meditare quando mi risveglio e prima di dormire, ascoltare le cose sottili, quelle che non si vedono in un semplice sguardo.
Ma anche:
Entro nelle antique corti delli antiqui huomini – non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
A proposito dell’armonia col creato riportiamo uno stralcio dell’intervista di Gino Castaldi a Battiato:
Castaldi: Inneres Auge è un pezzo insolito, inizia con una violenta requisitoria e poi scivola su temi altissimi…
Battiato: È che non me la sentivo di fare una denuncia e basta, perché è vero che quando mi ritiro nella mia camera tutto finisce, come dire: fatemi sentire la musica che mi piace, del resto molti artisti hanno utilizzato questa modalità, risolvere ammirando la bellezza del creato.
Fatto questo riferimento al Creato e al modo di scrivere di Battiato e di Sgalambro, capace di mischiare cronaca quotidiana e tensioni spirituali, santi e puttane (o «puttani» e sante, che il disprezzo è per Berlusconi, e non per le ragazze, come sapeva Cristo con la Maddalena) può essere utile un’ultima citazione di Sgalambro in grado di congedarci da Inneres Auge, e che mostra una sintonia profonda dei due amici: «Comunicare prende esempio dal branco, dal rapido segno che si scambiano i lupi, dal ronzio delle mosche… comunicare è da insetti, solo esprimere ci riguarda» e si veda La polvere del branco a firma comune: «Ci crediamo liberi, ma siamo prigionieri che remano su navi inesistenti / si solleva la polvere del branco accanita e misteriosa. / Ci crediamo liberi, ma siamo schiavi, milioni di milioni di ombre sperdute, / rumorosi andiamo per le strade alzando solo polvere»).
Giulia Santerini: Altra canzone del tuo disco: Le aquile non volano a stormi. L’aquila sei tu?
Battiato: Quello senz’altro.
Giulia Santerini: Cosa vuol dire essere un’aquila, come ci si sente?
Battiato: Vuol dire non amare il branco.
Giulia Santerini: Ma il branco non ha niente di buono? È sempre per forza “massa”? Battiato: Sempre, è inevitabile. Quando tu ti vesti perché un altro si veste in quel modo lì e un altro ancora, hai già chiuso con la tua idea delle cose.
Giulia Santerini: Ma la solidarietà? Il passarsi le emozioni? L’essere insieme?
Battiato: Ma quali emozioni?! L’emozione è una cosa privata, non può essere pubblica. Quando noi due guardiamo insieme un orizzonte e diciamo “Oh, guarda che bellissimo tramonto!”, hai già perso l’occasione. Oppure al cinema parli? Tu pensa a tutti quelli che vanno a vedere le partite: un’ora e mezzo di tamburi, urla, canti! Ma un minuto zitti a guardare uno che sta facendo una cosa? Non ti va di stare zitto un secondo? Vanno lì per altri motivi.
Alla domanda «Cosa la incuriosisce dell’universo giovanile, oggi?» Battiato risponde:
Non sono per le categorie, non mi interessano i giovani in quanto tali. Piuttosto ho bisogno di sentire la razza umana. Del resto, uno può avere quindici anni ed essere più vecchio di uno di settanta. Allora, chi può essere considerato giovane? Non potete pensare di essere un branco, ognuno vive con valori diversi. Io rispetto tutti, sono lontano anni luce dall’essere moralista. Ognuno ha la sua verità, io seguo la mia.
Marco Travaglio: Che significa «Inneres Auge»?
Battiato: «Occhio interiore». Ma lo preferisco in tedesco. In italiano si dice «terzo occhio», ma non mi piace, fa pensare a una specie di Polifemo. I tibetani hanno scritto cose magnifiche sull’occhio interiore, che ti consente di vedere l’aura degli uomini: qualcuno ce l’ha nera, come certi politici senza scrupoli, mossi da bassa cupidigia; altri ce l’hanno rossa, come la loro rabbia.
Guénon ci dice che il «terzo occhio» è quello che ci dà «il senso dell’eternità». Nel libro di Battiato Attraversando il Bardo. Sguardi sull’Aldilà troviamo scritto: «Il Terzo Occhio è l’occhio della saggezza suprema, della saggezza trascendentale».
[…]
abbònati per accedere a questo e agli altri commenti di www.battiatolacura.it
<a id="dichiarazioni">Dichiarazioni</a>