Il Carmelo di Echt

La canzone è un manifesto del misticismo interreligioso e interconfessionale contemporaneo in lotta contro i nazisti di ogni tempo e di ogni luogo e si colloca al confine tra le «verità invisibili­­­­­» del misticismo e la violenza più atroce della storia. Ricostruisce con precisione la vicenda umana e spirituale di Edith Stein, monaca, filosofa e mistica tedesca di origine ebraica. Fu prima docente universitaria e per un lungo periodo condusse speculazioni filosofiche sotto il magistero di Husserl, poi fu suora carmelitana di clausura a Echt. Proprio dal Carmelo di Echt, venne rapita nell’Olanda invasa dai nazisti, e morì martire ad Auschwitz.
Il frammento del testo «hai lasciato le cose del mondo, il pensiero profondo… per una luce che sentivi dentro, le verità invisibili» allude alla scelta capitale compiuta dalla Stein di rivolgersi al misticismo, una scelta di solitudine, di pace, di silenzio (come si dice con precisione nell’incipit della canzone). Sottotraccia è possibile scorgere però (e questo rende il testo ancora più affascinante e misterioso, pur nella sua apparente semplicità) l’esperienza biografica di Camisasca, di Battiato, di Alice.
L’autore della canzone è Juri Camisasca, amico di Battiato fin dal suo periodo sperimentale e dagli anni Settanta. Non sono molte le canzoni dedicate ad Auschwitz (tra le più belle e note quella di Francesco Guccini) e questo sarebbe già un buon motivo per ricordare l’interpretazione di Battiato de Il carmelo di Echt in Fleurs 2 del 2008 (memorabile, però, la splendida interpretazione della grande Giuni Russo nel 2003). La canzone è stata cantata nel 1999 a Catania, oltre che dall’autore, anche da Alice (Carla Bissi), un’artista che è sempre presente nel percorso artistico di Battiato.
Fare cenno alla vicenda artistica di questo splendido terzetto Battiato-Alice-Camisasca ci permette allora di illuminare meglio anche la figura di Battiato specialmente riguardo a un mondo, il Festival di Sanremo, che può sembrare lontano dalla sua principale cifra artistica, lo sperimentalismo avanguardistico.
Iniziamo col ricordare che Alice va a Sanremo per la prima volta nel 1972 con Il mio cuore se ne va ma che la vera svolta avviene solo nel 1980 con Capo Nord, un brano che segna l’inizio della collaborazione con Franco Battiato e Giusto Pio. Il primo vero risultato dell’équipe è però Il vento caldo dell’estate cui segue Per Elisa che ottiene la vittoria al Sanremo del 1982. Per Elisa in particolare ci pare un risultato coerente con la poetica tanto di Battiato di quegli anni quanto di Alice, specie se riflettiamo sul fatto che l’inizio della canzone è una citazione di Per Elisa di Beethoven e che il seguito della canzone è rock, duro e puro come la vicenda narrata, assolutamente virata al dark, con tastiere e una ritmica molto marcata. Possiamo anzi dire che mischiare tensioni classiche e ambiente pop è stato sempre il marchio di fabbrica di Alice e Battiato in tutta la loro luminosa e lunga carriera. La locuzione che traduce sinteticamente questo mix tra sperimentalismo e classicismo è, a conferma di quanto appena detto, avanguardia, e di conseguenza il legame con le grandi avanguardie artistiche novecentesche non è certo episodico sia in Battiato che in Alice.
Ricordiamo che Battiato, dopo aver vinto il Premio Stockhausen nel 1974, confermando le sue complesse radici sì arabo-siciliane ma anche, e sempre, mittel-europee, ha poi proseguito il suo percorso tra canzoni, canzonette, opere liriche e balletti, fino a giungere a comporre film che sono la sintesi, avanguardistica, del suo spettacolare modo di fare musica, arte, poesia. Che, nonostante tutto questo, o proprio attraverso tutto questo, Battiato non sia mai stato lontano da Sanremo lo confermano, oltre a tante sue dichiarazioni, la sua presenza diretta come superospite nel 1999 e nel 2007 e in gara, con Luca Madonia, nel 2011.
Un’ulteriore conferma viene, se riflettiamo bene, anche dai suoi tre dischi intitolati Fleurs che sono in gran parte dedicati a grandi canzoni degli anni Sessanta-Settanta, come, d’altra parte, dal ritorno di Alice, al Festival di Sanremo del 2000, con una canzone scritta da Camisasca che è un po’ il terzo lato del triangolo tra Alice e Battiato.
Dunque, se come ha scritto ancora Rosario Pantaleo, nel percorso di Alice troviamo sempre «trascendenza, sensualità, poesia, mistero», queste parole valgono in realtà anche per Battiato e Camisasca, artisti che, al di là della propria fortissima originalità, hanno sempre mostrato molti tratti comuni. In coerenza a tutto questo possiamo, infine, ricordare che Camisasca è stato anche interprete in molte opere e film di Battiato.

Per Alice Franco Battiato e Manlio Sgalambro avevano scritto il brano Veleni, (un invito ad abbandonare i sentimenti negativi, i veleni appunto) che avrebbe dovuto partecipare a Sanremo 2014 ma è stato scartato. In seguito Battiato ha commentato che la decisione di non ammetterlo tra i 28 inediti dei 14 Big in gara al Festival è stata giusta perché il brano era inadatto a Sanremo.

Per Alice i concerti con Battiato rappresentano

il coronamento di qualcosa che era nato con I treni di Tozeur nel 1984. (…) Dato il riscontro pazzesco ottenuto con quel pezzo, io mi aspettavo che quell’estate io e Franco avremmo fatto dei live insieme, solo che lui proprio in quel momento decise che avrebbe fermato per un po’ l’attività dal vivo! È fatto così, è veramente unico. Una persona con una profondità incredibile, ma spiritosa, leggera, ironica. (…) Siamo così affini che spesso, per capirci, non abbiamo nemmeno bisogno di parlare. (…) Siamo impegnati entrambi in un percorso di ricerca spirituale che passa attraverso la musica e gli affetti, ma non si riduce a questo. Per quanto mi riguarda sono legata a Georges Ivanovič Gurdjieff, figura in cui mi sono imbattuta tanti anni fa grazie a un libro regalatomi da un amico, ‘Incontri con uomini straordinari’. Anche se elemento chiave alla base di tutto resta per me l’insegnamento di Cristo, insegnamento che rispetto alla chiesa cattolica mi mette in una posizione di vicinanza, ma critica: alcune cose le condivido, altre no.

Alla domanda sul motivo per cui nel 1982, dopo il trionfo a Sanremo con Per Elisa, avesse rinunciato alla proposta della Capitol Records che la voleva a Los Angeles per lanciarla sul mercato internazionale, risponde:

La popolarità può far perdere di vista il senso di ciò che si fa, il rischio è di cedere alla smania di successo senza rendersi conto che quest’ultimo è una conseguenza del proprio lavoro, e non dovrebbe diventare lo scopo. (…) Dissi di no perché la promozione in Europa era già impegnativa, ero sballottata da un Paese all’altro, temevo di perdermi. Inoltre gli americani avevano intenzione di riarrangiare completamente i miei pezzi, ma avevo fatto tanto per scrivere le mie canzoni, per me erano come delle figlie, non avrei mai permesso a nessuno di stravolgerle.

Battiato e Camisasca si sono conosciuti per «affinità elettive» durante una dell’esperienza che Battiato ha vissuto con maggior disagio, la leva militare obbligatoria. Camisasca è stato a lungo monaco benedettino e prosegue anche ora la sua esperienza anacoretica. Di lui ricordiamo gli album La finestra dentro (1972), Il carmelo di Echt (1994), Arcano enigma (1999), oltre la canzone Nomadi cantata da Battiato in Fisiognomica (1988).
Consideriamo Alice una degli artisti più interessanti oltre che per la sua densità artistica, anche per la sua ricerca spirituale. Dopo aver cantato con Franco la splendida I treni di Tozeur (1980), è intervenuta ancora in Fleurs 3 (2002), duettando in Ponimi come un sigillo.
Significativo in questo senso il sottotitolo complessivo delle raccolte «esempi di scritture affini e simili».
Ricordiamo alcune delle canzoni scritte da Battiato per Alice: Bazar, Lenzuoli bianchi, Sera, Bael, Rumba Rock, Guerriglia urbana, tutte del 1980; Per Elisa, A te…, Non ti confondere, amico, Una notte speciale, Senza cornice, Momenti d’ozio, Tramonto urbano, del 1981; Messaggio e Chan-son egocentrique, del 1982; I treni di Tozeur del 1984; Hispavox del 1986 e Veleni del 2014
Intervista di Alice a Raffaella Oliva, Io Donna, 9/3/2016.

La canzone è un manifesto del misticismo interreligioso e interconfessionale contemporaneo in lotta contro i nazisti di ogni tempo e di ogni luogo e si colloca al confine tra le «verità invisibili­­­­­» del misticismo e la violenza più atroce della storia. Ricostruisce con precisione la vicenda umana e spirituale di Edith Stein, monaca, filosofa e mistica tedesca di origine ebraica. Fu prima docente universitaria e per un lungo periodo condusse speculazioni filosofiche sotto il magistero di Husserl, poi fu suora carmelitana di clausura a Echt. Proprio dal Carmelo di Echt, venne rapita nell’Olanda invasa dai nazisti, e morì martire ad Auschwitz.
Il frammento del testo «hai lasciato le cose del mondo, il pensiero profondo… per una luce che sentivi dentro, le verità invisibili» allude alla scelta capitale compiuta dalla Stein di rivolgersi al misticismo, una scelta di solitudine, di pace, di silenzio (come si dice con precisione nell’incipit della canzone). Sottotraccia è possibile scorgere però (e questo rende il testo ancora più affascinante e misterioso, pur nella sua apparente semplicità) l’esperienza biografica di Camisasca, di Battiato, di Alice.

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