Fisiognomica

Per comprendere meglio Fisiognomica, una canzone di immediata percezione, vorrei partire da un episodio della carriera artistica di Battiato ovvero il concerto da lui tenuto nel marzo del 1989 in Vaticano, in Sala Nervi, davanti a Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla.
In questa occasione Battiato presenta quattro canzoni: Fisiognomica, appunto, che viene cantata per prima, Nomadi, E ti vengo a cercare e infine Un oceano di silenzio. Tutte canzoni, dunque, dall’album Fisiognomica del 1988, che apre il cosiddetto periodo mistico di Battiato o, meglio, il periodo in cui la ricerca interiore di Battiato diventa esplicita anche nella sua ricerca artistica. Dopo, quasi magicamente, arriverà l’incontro con Sgalambro (1995-2014) quando Battiato sentiva di aver esaurito le possibilità di questo percorso artistico; «niente -è solito ripetere il compositore siciliano- mi annoia più del ripetuto, dello scontato»; da qui lo scarto stilistico di questi anni (1988-1995) rispetto alla sua precedente stagione artistica (1979-1987). Uno scarto che va però visto, lo ripeto, più come un inveramento e un approfondimento che come una conversione. Battiato ripete spesso, a mio avviso, e sulla base di un’attenta verifica testuale, con ragione, di sentire il proprio percorso come uno svolgimento unitario.
Collocato dunque Fisiognomica (canzone e album) nella parabola artistica di Battiato (credo che sia da qui in avanti che Battiato entra non nell’immaginario pop collettivo, una dimensione simpaticamente effimera, ma nella grande arte occidentale) cominciamo il nostro solito lavoro sul testo e iniziamo con il percepire il legame di questa canzone con la tradizione dei Salmi biblici e con la loro dimensione mistica ed esoterica. I Salmi, infatti, come le canzoni di Battiato, e specialmente le quattro canzoni suddette e questa sequenza iniziatica, sono degli autentici percorsi di salvezza spirituale. Valgono cioè come il percorso dantesco nella Divina Commedia che è quello di (ri)condurre l’umanità da uno stato di miseria a uno stato di salvezza, percorso iniziatico che la Lettera a Cangrande della Scala illumina con una bella frase latina: «removere viventes in hac vita de statu miserie et perducere ad statum felicitatis». Quali Salmi dunque sono nella memoria di questo nuovo salmo ad un tempo arcaico e contemporaneo? Probabilmente dobbiamo rileggere i Salmi 107, 119 e 90, ossia dei passi dove trova piena espressione il tema della sofferenza come alterazione delle leggi e dei codici esistenziali e come segnale della necessità di una propria personale conversione. Ferma la dichiarazione complessiva di Battiato: «Per quanto riguarda l’ultimo periodo, sarei lapidario: un genere vicino al Salmo». Qui di seguito alcuni passi dei suddetti Salmi con a fronte, secondo la nostra analisi, i rispettivi passi di Fisiognomica:

Fisiognomica: scienza che deduce le caratteristiche psichiche dalla morfologia del volto ma anche dall’incedere della persona, dalla gestualità, dal timbro della voce, dalle rughe d’espressione, dal sorriso…
Nomadi è stata scritta da Juri Camisasca. Su di lui (e su Alice) cfr. commento a Il Carmelo di Echt (1991-2008)
«Portare l’uomo da una condizione di miseria e sofferenza a una salvezza», Lettera a Cangrande della Scala, Epistole, XIII. Cfr. commento a La cura, 1996. Per una più vasta prospettiva si veda però L’esoterismo di Dante, René Guénon, 1957

Per comprendere meglio Fisiognomica, una canzone di immediata percezione, vorrei partire da un episodio della carriera artistica di Battiato ovvero il concerto da lui tenuto nel marzo del 1989 in Vaticano, in Sala Nervi, davanti a Giovanni Paolo II, Karol Wojtyla.
In questa occasione Battiato presenta quattro canzoni: Fisiognomica, appunto, che viene cantata per prima, Nomadi, E ti vengo a cercare e infine Un oceano di silenzio. Tutte canzoni, dunque, dall’album Fisiognomica del 1988, che apre il cosiddetto periodo mistico di Battiato o, meglio, il periodo in cui la ricerca interiore di Battiato diventa esplicita anche nella sua ricerca artistica. Dopo, quasi magicamente, arriverà l’incontro con Sgalambro (1995-2014) quando Battiato sentiva di aver esaurito le possibilità di questo percorso artistico; «niente -è solito ripetere il compositore siciliano- mi annoia più del ripetuto, dello scontato»; da qui lo scarto stilistico di questi anni (1988-1995) rispetto alla sua precedente stagione artistica (1979-1987).

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4 Essi vagavano nel deserto per vie desolate; non trovavano città dove poter abitare.

5 Soffrivano la fame e la sete,
l’anima veniva meno in loro.

6 Ma nella loro angoscia gridarono al Signore ed egli li liberò dalle loro tribolazioni.

7 Li condusse per la retta via, perché giungessero a una città da abitare.

10 Altri dimoravano in tenebre e in ombra di morte, prigionieri nell’afflizione e nelle catene

11 perché si erano ribellati alle parole di Dio e avevano disprezzato gli avvertimenti dell’Altissimo

dai Salmi 107

Ma se ti senti male rivolgiti al Signore / credimi siamo niente dei miseri ruscelli senza Fonte

83 Io sono come un otre esposto al fumo, ma non dimentico i tuoi insegnamenti.

84 Quanti saranno i giorni del tuo servo?


90
La tua fedeltà dura per ogni generazione; hai fondato la terra ed essa è salda.

118 Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti, perché la sua astuzia è fallace.

128 Tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.

137 Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.

142 La tua giustizia è giustizia eterna e verità è la tua legge.

143 Angoscia e affanno mi hanno colto, ma i tuoi comandi sono la mia gioia.

144 Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre, fammi comprendere e avrò la vita.

153 Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.

160 La verità è principio della tua parola, resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.

dai Salmi 119

2 Prima che i monti fossero nati e che tu avessi formato la terra e l’universo, anzi, da eternità in eternità, tu sei Dio.

3 Tu fai ritornare i mortali in polvere, dicendo: ‘Ritornate, figli degli uomini’.

8 Tu metti le nostre colpe davanti a te e i nostri peccati nascosti alla luce del tuo volto.

9 Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira; finiamo i nostri anni come un soffio.

Ma se ti senti male rivolgiti al Signore / credimi siamo niente / dei miseri ruscelli senza Fonte.

e il corpo vive giustamente solo questa vita / vivere venti o quarant’anni in più è uguale

e che l’Eterno non ha avuto inizio / perché la nostra mente è temporale

e che l’Eterno non ha avuto inizio / perché la nostra mente è temporale

quando ti arrabbi
se propendi all’astio o all’onestà

difficile è capire ciò che è giusto

difficile è capire ciò che è giusto

Ma se ti senti male 
rivolgiti al Signore

difficile è capire ciò che è giusto


credimi siamo niente dei miseri ruscelli senza Fonte.

e che l’Eterno non ha avuto inizio / e il corpo vive giustamente solo questa vita.

difficile è capire ciò che è giusto /
e che l’Eterno non ha avuto inizio /
perché la nostra mente è temporale /
e il corpo vive giustamente
solo questa vita.

10 I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni; o, per i più forti, a ottant’anni; e quel che ne fa l’orgoglio, non è che travaglio e vanità; perché passa presto, e noi ce ne voliam via.

11 Chi conosce la forza della tua ira e il tuo sdegno con il timore che t’è dovuto?

12 Insegnaci dunque a contare bene i nostri giorni, per acquistare un cuore saggio.

dai Salmi 90

(vivere venti o quarant’anni in più è uguale)

Ora questo tema -quello della sofferenza esistenziale come distanza dal divino, da ciò che nell’uomo è il divino- si esplicita e sintetizza nei versi: «Ma se ti senti male rivolgiti al Signore / credimi siamo niente, dei miseri ruscelli senza Fonte». Questo rivolgersi a un punto più alto come principio di salvezza dal male nulla toglie, ovviamente, alla responsabilità umana, perché il «capire ciò che è giusto», il travaglio verso la luce e la verità, «l’emanciparsi dall’incubo delle passioni», «l’essere un’immagine divina di questa realtà» sono tutte scelte e libere determinazioni dell’uomo (si veda, per una conferma di quanto Battiato afferma in questi versi, l’intervista di Pulcini del 1992, riportata in calce e specialmente pp. 157-158. Ma si ricordi anche questa frase di Aurobindo da un libro certamente letto da Battiato: «La vera necessità dell’uomo sulla terra è quella di esprimere nel tipo umano, una immagine sempre più perfetta del divino», La sintesi dello yoga, Sri Aurobindo, Ubaldini, Roma, 1967, p. 173). Viene dunque chiesto a Battiato, proprio alla luce di questo fondamentale legame con la tradizione biblica e del fatto (come lui stesso dice) che «l’album Fisiognomica è pieno dalla testa ai piedi di misticismo», se sia cattolico, e secca la risposta di Battiato:

No. Da ragazzino, come tutti i bambini italiani, andavo in parrocchia, ma solo per giocare a pallone. Il chierichetto non l’ho fatto mai, e assistere alla messa era un sacrificio allucinante, ma era l’unico modo per avere il permesso di usare i biliardini… Allora il discorso è un altro. Il cattolicesimo ha avuto dei mistici di grande calibro, e come al solito tutti i grandi mistici coincidono: un mistico indiano, pakistano, o sufi e un mistico di frequentazione cattolica manifestano tutti la stessa spiritualità: Isacco di Ninive (scilicet, protagonista della canzone intitolata Mesopotamia), Santa Teresa d’Avila, San Giovanni della Croce o Sant’Agostino sono tutti uguali. E in fondo suonare in Vaticano è un po’ come suonare per il Dalai Lama… quello che propongo io è un modello di vita che sostiene l’evoluzione dell’uomo e non la schiavitù, che va contro ogni dittatura…

Nondimeno se Battiato ribadisce con la stessa forza che «ritiene valida per la propria persona tale scelta mistica e religiosa», con altrettanta forza egli afferma di sapere che non è trasferibile meccanicamente ad alcuno: se, infatti, da un lato egli sa che «nella ricerca dei valori sta la salvezza del mondo», con altrettanta forza afferma, contro ogni fanatismo religioso o peggio, politico, che «il percorso interiore è diverso per ognuno» (Battiato-Pulcini, op. cit., pp. 73 e 16).
Dunque la libera religiosità di Battiato è una scelta radicale di resistenza etica rispetto a tutte quelle forme della realtà contemporanea che, invece di liberare l’uomo e di condurlo alla sua vera felicità, ribadiscono catene immaginarie e reali, dal «denaro» ai «falsi miti di progresso» (lungo l’elenco delle canzoni con cui si potrebbe dare conferma di quest’affermazione). È in coerenza a tutto questo che questa canzone afferma, e lo trascriviamo nuovamente per la sua assoluta importanza, che «vivere venti o quarant’anni in più è uguale / Difficile è capire ciò che è giusto e che l’Eterno non ha avuto inizio / perché la nostra mente è temporale / e il corpo vive giustamente solo questa vita».

Segnalato il grande percorso comune del misticismo interreligioso presente nella canzone, va poi rilevato un tema che credo emerga qui esplicitamente per la prima volta, ovvero il tema della reincarnazione, un tema che per Battiato è di estrema rilevanza tanto da ritornare più volte nei suoi testi. Ad esempio, se qui, in Fisiognomica, troviamo «leggo dentro i tuoi occhi / da quante volte vivi», il tema della reincarnazione viene poi implicitamente ripetuto nella dichiarazione, simmetrica e contraria, che «il corpo vive giustamente solo questa vita», dove è sottinteso che l’anima invece è immortale: si veda, a conferma, nelle Sacre sinfonie del tempo l’esplicita affermazione che «siamo esseri immortali».
Il tema della reincarnazione verrà ripreso poi in Mesopotamia («anch’io a guardarmi bene vivo da millenni»), nelle appena ricordate Sacre sinfonie del tempo («siamo esseri immortali caduti nelle tenebre / destinati a errare, nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione»), in L’ombra della luce («è tempo di lasciare questo ciclo di vite»), in Caffè de la Paix (l’incipit), fino all’esplicita dichiarazione: «credo nella reincarnazione / in quel lungo percorso / che fa vivere vite in quantità», con la precisazione, che ritengo almeno in parte polemica perché non condivisa dalla dottrina ufficiale della Chiesa Cattolica, che «Cristo nei Vangeli parla di reincarnazione» (Testamento).
Per capire cosa intenda Battiato per «reincarnazione» e «ciclo di vite» credo opportuno rileggere piuttosto che i testi dei vari Concili della Chiesa di Roma che si sono affannati nel costruire un’ortodossia di merito, quanto scrive un grande mistico islamico, il sufi Gabriele Mandel, in un capitolo significativamente intitolato Reincarnazione e Sufismo: accettare o negare? perché credo illumini con precisione anche la posizione di Battiato.

Sussiste il concetto di reincarnazione nell’Islam? E in particolare per i Sufi? Uno dei più eminenti Sufi, il Maestro turco Aziz Al Din Nasafi, nato nel XIII secolo e vissuto in Iran, nel suo Il libro dell’Uomo perfetto affermò a proposito della reincarnazione: ‘È una dottrina presente da millenni e millenni fra gli uomini… I tre quarti degli abitanti di questo mondo sono stati, e sono, impegnati in questa via (…) Per gli adepti della reincarnazione il luogo del ritorno è quello stesso in cui, avendo soggiornato in origine, l’anima aspira a tornare (…) e questo luogo è l’Essere Necessario, Dio (…) Per gli adepti della reincarnazione tutto ciò che appartiene al mondo sublunare – ossia il mondo della generazione, della corruzione, delle nature e degli appetiti – costituisce l’Inferno e gli abissi dell’Inferno. (…) È possibile dunque che alcuni sufi si siano accostati al concetto di reincarnazione nei momenti storici in cui l’Islam imperava in India, a causa della stretta vicinanza con religioni per cui la reincarnazione è basilare, Induismo, Buddismo, Gianismo… Ma torniamo alle origini del Sufismo… analogie si possono trovare con la mistica yogico-tantrica dell’induismo. (…) Si ebbe allora… l’accettazione da parte di molti sufi del concetto di reincarnazione, concetto non precipuamente islamico… ma il Sufismo non impone la sua linea di condotta etica con la forza.

In una ormai acclarata prospettiva interreligiosa qual è quella di Battiato, lontana sempre -e anche qui- da ogni dogmatismo religioso e incline invece a un sincretismo spirituale, e per tornare al tema della legge e della sofferenza nell’allontanarsi dalla legge, il tema principe di questa canzone, è importante allora ricordare la pagina 31 da Il Re del Mondo di René Guénon, un libro che Battiato ha certamente letto perché tradotto da Adelphi nel 1977 e da lui citato nella canzone omonima del 1979 e che rimanda alla Kabala ebraica:

‘Se l’uomo pecca e si allontana dalla Shekinah (scilicet: il termine potrebbe essere tradotto come la volontà e la legge di Dio) cade in balia delle potenze… che dipendono dal Rigore’ (…) ma, all’opposto, ‘se l’uomo si avvicina alla Shekinah, si libera’.

Fermo tutto questo, possiamo dunque dire che è la prospettiva complessiva che conta in Battiato e non una forzata ortodossia (cattolica, islamica, buddista o, se vogliamo, guénonista).
Naturalmente la prospettiva è quella illustrata da questo che è, in effetti, un pensiero ricorrente in Battiato e che è, naturalmente, sotteso anche a Fisiognomica («siamo niente, dei miseri ruscelli senza Fonte»):

Ma chi sei? Che cosa vuoi? Cosa pretendi? Noi non siamo niente… se guardiamo la volta celeste, si ha l’idea della nostra nullità. Bisognerebbe guardarla più spesso. Se non distruggiamo quest’idea di sentirci importanti, la morte ci terrorizzerà sempre.

cfr. commento a L’ombra della luce, 1991
cfr. Fabrizio Zampa, in AA. VV., Nuove Effemeridi, anno XII, n. 47, 1999, pp. 48-54
il tema della reincarnazione
Sacre sinfonie del tempo, 1991
Mesopotamia, 1989
Testamento, 2012
I Concili della Chiesa di Roma e la reincarnazione. Si veda l’incipit di un libro cattolico che si intitola, in modo significativo, Reincarnazione: la risposta della fede cristiana: «Incompatibile! Inconciliabile!»
G. Mandel, La via al sufismo nella spiritualità e nella pratica, Bompiani, Milano, 2004, pp. 162-164 e 191 e La saggezza dei Sufi. Rumi e gli altri mistici dell’Islam, Rusconi, Milano, 1999, p. 21
Ne Il Re del Mondo di Guénon troviamo (pp. 11-26, 38-39, 56, 67, 76, ecc.), oltre alla locuzione «Re del Mondo», anche «L’era del cinghiale bianco» e «Kundalini», temi che Battiato affronta in un arco dal 1979 al 1998, da L’era del cinghiale bianco a Shock in my town. Questo a sottolineare l’importanza dell’esempio di Guénon che propugna, infatti, la ricerca di una Tradizione al di là dei dogmatismi confessionali. (cfr. commento a Magic shop, 1979)
Battiato-Pulcini, op. cit., p. 43
Battiato-Pulcini, op. cit., p. 2